Ultimi argomenti attivi
» Il cammino dell’estate
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyMer Lug 25, 2012 11:43 am Da Amministratore

» Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyVen Mag 04, 2012 10:40 am Da Amministratore

» Colletta Alimentare 2011
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyMer Nov 30, 2011 1:09 pm Da Amministratore

» SDC di don Carron
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyLun Ott 10, 2011 12:43 pm Da Amministratore

» Incontro tenuto da Julian Carron a Verona
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyMar Set 27, 2011 12:08 pm Da Amministratore

» Giornata d'inizio anno 2011
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyMar Set 27, 2011 12:02 pm Da Amministratore

» con gli occhi degli Apostoli
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyVen Set 09, 2011 11:14 am Da Amministratore

» Meeting 2011
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyMar Set 06, 2011 11:58 am Da Amministratore

» suicidio Monicelli
Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012 EmptyLun Dic 06, 2010 7:59 pm Da gab

Navigazione
 Portale
 Forum
 Lista utenti
 Profilo
 FAQ
 Cerca
Partner
Fondatore:

scuola di comunità
3D Live Statistics
Cerca
 
 

Risultati per:
 


Rechercher Ricerca avanzata

Esercizi Spirituali FRATERNITA' CL 2012

Ven Mag 04, 2012 10:40 am Da Amministratore

Cari amici,
è appena stato pubblicato il libretto degli esercizi sul sito di CL.
Verrà distribuito allegato a Tracce di maggio.
Consiglio a tutti, Fraternità o no, di leggerlo. Magari anche insieme...
Vi allego solo uno passaggio di don Carron che mi ha particolarmente colpito durante gli Avvisi di domenica mattina a Rimini.
Ormai era tutto finito, ma come una sferzata ha toccato, in poche e semplici parole, il cuore stesso di Fraternità.
Sono tre paginette che sembrano innocue, ma che nel rileggerle sono come me le ricordavo: molto dure e crude!
Spero facciano riflette voi come lo hanno fatto fare a me.

Buona lettura.


TRATTO DAL LIBRETTO DEGLI ESERCIZI 2012
DALLE PAGINE DEGLI AVVISI
PAG. 67-68-69

Quest’anno ricorre il trentennale del riconoscimento pontificio della Fraternità e, proprio per la gratitudine che abbiamo verso la nostra storia, mi sembra un’occasione favorevole per riprendere alcune cose che don Giussani ha detto proprio su che cosa è la Fraternità e sui gruppi di Fraternità.
Diceva in un’assemblea della Fraternità: «La vita di una Fraternità è fondamentalmente un richiamo e un aiuto a vivere il rapporto col proprio destino [guardate che tensione introdurre fin dalla prima frase: un richiamo al proprio destino, niente di meno che questo]. Perché – amici miei – dobbiamo proprio dircelo che non è umano vivere diversamente, vivere con la testa nel sacco non è umano. La differenza tra il bambino e l’adulto è che il bambino non ha la coscienza dello scopo [cioè del destino]. Si chiama “oca” l’adulto che fa il bambino, che non ha la coscienza dello scopo. La maggior parte della gente vive come oche, non hanno coscienza dello scopo. Se lo scopo della Fraternità è quello di richiamarsi e aiutarsi in questo, allora [ecco il valore di una serie di elementi della vita della Fraternità], ecco il valore dei momenti della preghiera. Non è possibile riconoscersi come aiuto nel cammino al proprio destino senza allo stesso tempo la condivisione dei bisogni. [Quando, come abbiamo visto, uno ha il problema del lavoro, ha una malattia, è incasinato, noi possiamo essere conniventi o possiamo aiutarci.] Non è possibile che noi siamo cristiani nel mondo se la carità non la usiamo innanzitutto con coloro che si stringono attorno a noi come compagni di cammino, quindi la condivisione dei bisogni fino in fondo. In terzo luogo, la concezione missionaria della vita, perché la missione non è un particolare della vita, è la vita. Per una madre, una donna che fa la casalinga, è ragionevole che lo faccia se offre per il mondo quel che fa, e tirar su i figli non ha nessun senso se non si tirano su per il Regno di Dio. Allora, che la propria vita è in funzione del movimento non è niente altro che la traduzione pratica di questo impeto missionario, perché il movimento non è niente altro che il modo, il nostro modo, con cui siamo stati introdotti a vivere il mondo e la vita secondo il cuore della Chiesa. Perciò il concepire la propria vita, la vita familiare, la propria professione, l’educazione dei figli, il tempo libero, le proprie energie, i propri soldi in funzione del movimento, cioè in funzione di qualcosa di più grande, dove uno agisce nella totale libertà, perché senza libertà non è risposta umana. È meglio una risposta dello 0,1 su 100 nella libertà che una risposta apparente del 50% senza libertà, anzi, del 100% senza libertà».91 Perché, diceva in un’altra occasione, «il movimento non si fa crescere con le iniziative; si fa crescere il movimento se crescono persone mature nella fede. Le iniziative sono uno strumento per questa maturazione; se le iniziative – ci dice – non sono strumento per maturare nella fede, il movimento non cresce: saranno cose che fanno piacere e soddisfano l’amor proprio di chi le fa, ma non fanno crescere il movimento, tanto è vero che sempre, quando sono impostate in un certo modo, sono chiuse in se stesse e generano divisioni, o meglio, estraneità. Invece le iniziative, tutte, dal volantinaggio alla cooperativa che si crea, devono essere concepite e affrontate come strumenti per interessare di più sia le singole persone che vi partecipano sia gli estranei che ne sono spettatori a questa cosa grande che è la presenza di Cristo, cui la vita nostra e del mondo appartiene: ché, se Cristo fosse più riconosciuto, staremmo meglio tutti, cento volte meglio, su questa terra».
Per questo, la vostra preoccupazione non sia come organizzare la vita del gruppo, piuttosto «preoccupatevi […] di richiamarvi Cristo, di volervi bene, non nel senso sentimentale del termine, ma di condividere il bisogno, di fare attenzione l’uno all’altro, di superare le antipatie, di perdonarvi e di “covarvi dentro” una passione per il movimento».
A un certo punto, don Giussani dice quale libertà dobbiamo avere anche nel cercare quello che ci aiuta di più: «Se non ci si ritrova nel gruppo…, benissimo, allora si può aver fatto il cammino insieme per tre anni, il terzo anno si prende, si va via e si trova un’altra compagine, si crea un’altra solidarietà più adeguata, più libera rispetto alla situazione che uno vive. Non è mica detto che uno, per ciò stesso che abbia fatto cinque anni in una Fraternità, ci debba stare per l’eternità». Quello che ci aiuta di più! Tante volte se uno si muove perché soffoca o perché trova una realtà di gruppo più adeguata, sembra uno scandalo per tutti. Ma come?! È lo scopo, e lo scopo è il destino, non essere soltanto attorno al focolare.
«Per non vivere anche il gruppo di Fraternità con lo schematismo in cui normalmente degrada ogni appartenenza a movimenti e associazioni, bisogna essere liberi. E la libertà, se non vuole essere uno scegliere secondo i propri gusti o istintività, è saper scegliere e valorizzare quelle presenze nella nostra vita che più copiosamente ci richiamano al nostro destino».95 Questo sarebbe il criterio per scegliere il gruppo di Fraternità. Anche questo non lo decidiamo noi, ma lo riconosciamo: chi ci richiama più copiosamente al destino. È un’obbedienza la Fraternità, come è un’obbedienza il movimento, come è un’obbedienza il maestro: siccome siamo bisognosi fino al midollo, la questione qual è? Che troviamo chi ci richiama di più, chi ci aiuta di più, chi ci ridesta di più. Per questo occorre una bella libertà. Ma tante volte nei gruppi, se qualcuno si muove, sembra che non voglia bene agli altri… no! Forse, che uno si muova – perché Dio dà la grazia a uno per muoversi – può essere la modalità di risvegliare il gruppo, perché il metodo di Dio è sempre lo stesso: dare la grazia a uno, se non è una mossa puramente sentimentale, per arrivare a tutti.
Per questo, «saper scegliere e valorizzare quelle presenze […] che più copiosamente ci richiamano al nostro destino, allo scopo della vita, e più ci aiutano a compiere il nostro dovere, a realizzare il compito. La nostra vitalità di fede non può essere circoscritta all’interno del gruppo. La vita del gruppo è come la vita di famiglia. La vita di famiglia non ha come scopo di circoscrivere l’esistenza nell’ambito della famiglia stessa: questa è la morte della personalità. La famiglia è come l’input, che la natura mette e sviluppa nell’uomo, ad allargare il suo interesse e le sue braccia a tutto il mondo. La famiglia, infatti, nasce come educatrice al rapporto col mondo intero. Così il gruppo deve favorire un analogo input. Se, vivendo la vita del movimento, si incontrano persone, o cose, o situazioni con le quali ci si trova in consonanza, ci si sente aiutati, uno non deve sentirsi bloccato da un falso lealismo verso il suo gruppetto [sono sue parole! Quanto schematismo per giustificare la nostra connivenza e il non muoverci!]: diventa amico di chiunque, con libertà, e questo lo aiuterà di più col suo gruppetto».
Dovrebbe essere il gruppetto a dovere incoraggiare queste mosse, perché se uno si muove è una grazia per tutti. Lo vediamo tra di noi: una grazia data a uno è un bene per tutti. Per questo, guardiamo quale esperienza facciamo nei nostri gruppetti, per non essere conniventi.


Commenti: 0

Sondaggio
Forum
Santo - Onomastico del giorno offerto da PaginaInizio